Una rivista di storia della filosofia del diritto non dovrebbe aver bisogno di particolari giustificazioni in un paese nel quale i maggiori storici della filosofia del diritto sono stati anche tra i maggiori filosofi del diritto dell’ultimo secolo. Un nome per tutti: Norberto Bobbio. E tuttavia, della nostra decisione di dar vita a una nuova rivista di storia della filosofia del diritto che vada ad aggiungersi a quelle già esistenti (e a quelle – per la verità non molte, anche se molto autorevoli – di storia del pensiero giuridico e della cultura giuridica) pare ugualmente doveroso indicare le ragioni.
Abbiamo l’impressione che una grande tradizione di studi nella quale una parte consistente della filosofia giuridica italiana ha dato il meglio di sé appaia oggi indebolita e come sfibrata. Basti pensare che se in passato i giovani studiosi cominciavano generalmente il proprio percorso di formazione e di ricerca con un lavoro di carattere storico, oggi una scelta del genere è ritenuta da più d’uno non solo troppo impegnativa, ma anche scarsamente interessante o addirittura controproducente. Se si aggiunge il fatto che in non poche università la storia della filosofia del diritto è praticamente scomparsa dai programmi di studio, si rischia di avallare l’idea che la posizione originaria dalla quale deve muovere il cammino di chi intenda dedicarsi alla filosofia del diritto sia da cercare stendendo un velo di ignoranza su qualche migliaio di anni di riflessioni sul diritto.
Diacronìa nasce piuttosto dalla convinzione che la filosofia del diritto, e la cultura giuridica tout court, non possano affrontare criticamente i temi e i problemi all’ordine del giorno senza considerarne storicamente la genesi, le interpretazioni e le stesse soluzioni che si è ritenuto di poterne offrire in precedenza. Essa nasce perciò dalla condivisione di un’esigenza che molti di noi avvertivano individualmente ma che negli anni recenti, anche grazie a una serie di seminari tenutisi a Pisa, si è fatta ‘progetto’. Non un progetto incentrato su un’opzione metodologica predefinita, è bene sottolinearlo, e nemmeno un progetto che poggia su comuni obiettivi di ricerca. Fine esplicito di quanti, in buona parte coetanei, da qualche anno hanno preso a incontrarsi in numero sempre crescente per parlare di storia della filosofia del diritto, è quello di promuovere un dibattito che riguardi i fondamenti stessi dell’approccio storico-filosofico, a cominciare dalle questioni metodologiche, che anziché essere date per risolte una volta per tutte non possono non essere messe continuamente in discussione, come del resto avviene in discipline affini quali la filosofia politica o la storia delle dottrine politiche.
La rivista ambisce appunto a costituire un luogo aperto, accanto ad altri, di approfondimento e di confronto per tutti coloro che hanno interesse per la storia della riflessione sul diritto, nelle varie forme e nei diversi modi nei quali essa è stata o potrà di volta in volta essere concepita.
La speranza che questa nostra ‘impresa’ possa essere considerata non del tutto priva di interesse dalla comunità dei giuristi si aggiunge perciò all’auspicio che essa possa se non altro contribuire a dare nuova linfa agli studi di storia della filosofia del diritto in quanto luoghi di riflessione e di dialogo tra le diverse ‘tradizioni’ che concorrono a formare quella che a ragione è stata definita l’identità plurale della filosofia del diritto.